7 Novembre 2012 / 21 Novembre 2012
Carta stampata, alfabeti globali, parole in tutte le lingue, che riverberano, anche se incomprensibili, l’emozione di un inatteso linguaggio universale.
È questo il senso di VITE DI CARTA, prima mostra di Alberto Orioli, che con le parole lavora da sempre. Orioli - vicedirettore del Sole 24 Ore – è da più di vent’anni anni nella fucina del suo giornale ed è testimone di quest’epoca di passaggio tra la cultura analogica, la metafora, il tempo lungo e l’era digitale, il tempo corto, la realtà virtuale, la simulazione. Una "faglia" che segna in modo irreversibile il modo stesso di intendere le emozioni attraverso la sottile competizione tra verosimile e vero.
I 30 lavori di Orioli, ferrarese di origini, milanese di formazione, romano di adozione , si snodano tra nostalgia del Novecento e ansia per il presente-futuro della notizia globalizzata che irrompe sempre con una caratteristica di esplosività fragorosa e spesso violenta. Il giornalismo si trasforma in uno sfogo tridimensionale e resta sullo sfondo di un mondo pieno di rispetto per la "old economy", dove le viti simboleggiano la forza incisiva dell’informazione, ma anche un mondo di "vite di carta", fatto di ansie, tic, stereotipi e nevrosi. Fragile, misterioso e delicato come, appunto, è la vita.